Non si può raccontare l’avventura della Volkswagen nel paese dei canguri (vedi articoli nella sezione curiosita’ ) senza menzionare l’unico modello ideato e sviluppato completamente dalla filiale australiana, modello che anticipa di qualche anno la tedesca “Tipo 181”, nota da noi come “Pescaccia”. Si tratta della Volkswagen “Country Buggy”, codice interno: “Tipo 197”.
La Volkswagen “Tipo 197”.
La Volkswagen “Tipo 181”.
Fin dalla fine degli anni ’50 Volkswagen aveva aperto una filiale in Australia, filiale che aveva il compito di produrre il “Maggiolino” e gli altri modelli della gamma e di commercializzarli in Australia e negli altri paesi del Pacifico. A Clayton, vicino a Melbourne, era stato realizzato un moderno impianto produttivo, con una capacità di 50 mila veicoli all’anno.
Lo stabilimento della Volkswagen Australia a Clayton
L’importazione di parti di veicoli dalla Germania era ridotta al minimo: lo stabilimento prevedeva una linea di assemblaggio dei motori ed un reparto presse per lo stampaggio dei lamierati. Inoltre esisteva tutta una rete di fornitori locali.
I pezzi prodotti in Australia si riconoscevano per il simbolo del canguro accanto al logo VW. Accanto agli impianti era stato creato un ufficio di progettazione e sviluppo, chiamato “Sezione di Ingegneria Sperimentale”, che aveva il compito di adattare la gamma alle richieste dal mercato locale.
La semplice plancia. I passaruota evidenziano la tipica forma del pianale del “Maggiolino”.
Nei primi anni ‘60 i vertici dell’esercito australiano chiesero alla Volkswagen di realizzare un piccolo veicolo a trazione integrale. I militari erano rimasti molto soddisfatti dei furgoni “Tipo 2” “T1 Kombi”, che erano stati forniti loro a partire dal 1959. Anche se non era interessata allo sviluppo di un fuoristrada vero e proprio, la Volkswagen Australia godeva di una certa autonomia progettuale e intravide la possibilità di realizzare un veicolo multiuso a trazione posteriore, in grado di soddisfare sia le esigenze dei militari, sia quelle degli australiani che abitavano nelle zone rurali.
Uno dei prototipi della “Country Buggy”. I tubi di scarico sono collocati in alto, sopra il paraurti, per facilitare il guado di fiumi e torrenti. Si nota la presa di forza vicino allo scarico destro.
Uno dei prototipi della “Country Buggy”. Nella vettura definitiva la ruota di scorta è collocata verticalmente davanti al serbatoio della benzina.
La vettura avrebbe dovuto essere basata sul pianale e sulla meccanica del “Maggiolino”, opportunamente adattati per l’impiego su strade sterrate. I clienti ideali sarebbero stati gli agricoltori e gli allevatori di bestiame sparsi nell’ ”Outback”, lo sterminato entroterra del paese, che per spostarsi necessitavano di un mezzo economico, robusto, affidabile, facile da riparare e poco costoso da mantenere. Lo sviluppo della vettura, codice di progetto “Tipo 197” e chiamata inizialmente “Kurierwagen”, incominciò nel 1964. Disegno, progettazione e realizzazione dei prototipi furono eseguiti dalla “Sezione di Ingegneria Sperimentale”, sotto la guida di Cyril Harcourt (responsabile dell’ingegneria) e di Rudi Herzmer (direttore del controllo di qualità).
Un esemplare di “Country Buggy” in una foto recente. La cappottina e le portiere in tela erano oprional.
Il primo prototipo venne completato alla fine del 1965, e fu subito messo alla prova, percorrendo 50 mila massacranti chilometri su tutti i tipi di strade. Questa esperienza permise di introdurre numerose modifiche, soprattutto per migliorare il comportamento sullo sterrato. La più importante fu l’adozione dell’avantreno e del retrotreno (riduttori compresi) del “Tipo 2” prima serie, il “T1”, allo scopo di aumentare l’altezza minima dal suolo e migliorare la trazione. Seguirono altri due prototipi, che vennero utilizzati per ulteriori collaudi su tutti i tipi di strade e in tutte le condizioni, dal caldo torrido del deserto australiano al gelo delle Snowy Mountains, passando per il fango delle zone tropicali. Vennero sperimentati sia il motore 1300 che quello 1500. I collaudi misero in luce la bontà del progetto e la versatilità del mezzo, anche se qualche problema restava ancora da risolvere. Leggerezza, altezza da terra e disponibilità di coppia ai bassi regimi consentivano alla vettura di disimpegnarsi senza particolari problemi sullo sterrato e sui fondi a bassa aderenza, nonostante la trazione sulle sole ruote posteriori. Per trasportare i prototipi dalla fabbrica di Clayton alle piste di prova venne progettato e realizzato uno speciale rimorchio, che aveva due caratteristiche particolari: le sospensioni a barre di torsione e le fiancate con la base riempita di materiale espanso. Il rimorchio veniva trainato da uno dei due prototipi o da un “Maggiolino”, utilizzato come vettura di supporto.
A differenza dei prototipi, il rimorchio è stato più volte restaurato ed è giunto sino ai giorni nostri. Anche i prototipi avevano una striscia di materiale espanso alla base della fiancata. Nelle intenzioni dei progettisti essa avrebbe consentito alla vettura di galleggiare sull’acqua, facilitando il guado di fiumi e torrenti. Purtroppo i test sul campo dimostrarono che non era sufficiente per consentire alla vettura di mantenersi a galla.
Uno dei prototipi della “Country Buggy”. Le striscie di materiale espanso sulle fiancate dovevano servire a favaorire il galleggiamento
Mentre era in corso il collaudo dei prototipi, la Volkswagen Australia si mosse per ottenere dalla casa madre il permesso per la produzione ed i finanziamenti necessari per allestire le linee. Dal momento che a Wolfsburg sembrava si volesse prendere tempo e rimandare la decisione, si decise di affrontare la spesa per noleggiare un aereo cargo della compagnia australiana Qantas e spedire due prototipi direttamente in Germania.
Gli ingegneri australiani non potevano sapere che Volkswagen stava segretamente lavorando ad un veicolo simile per l’esercito tedesco.
I dipendenti della filiale australiana che accompagnavano le vetture vennero rapidamente messi al corrente del progetto e si videro sottrarre uno dei prototipi, che venne consegnato all’esercito tedesco per essere valutato, mentre l’altro venne portato nella fabbrica di Wolfsburg. Non si sa che fine abbiano fatto questi due prototipi, né quanto essi abbiano contribuito allo sviluppo della Volkswagen “Tipo 181”, presentata ufficialmente nell’estate del 1969 e nota da noi come “Pescaccia”. Di fatto, non si possono ignorare le numerose somiglianze tra le due vetture, anche se la “Pescaccia” è un veicolo meno spartano rispetto alla “Country Buggy”.
Alla fine Volkswagen autorizzò la produzione in serie a Clayton, chiedendo però che venissero apportate alcune modifiche, in particolare alle sospensioni (ulteriormente rinforzate) ed ai lamierati, su molti dei quali vennero introdotte nervature per aumentarne la robustezza.
Venne eliminata l’imbottitura di materiale espanso, perché si decise che il veicolo non doveva avere caratteristiche anfibie.
La produzione non avrebbe dovuto eccedere le 1800 vetture per anno, per non compromettere la capacità dell’impianto di assemblare altri modelli Volkswagen. Per ridurre i costi e le tasse governative, si sarebbe dovuto fare il massimo utilizzo di componenti di fornitura locale. Infine si sarebbe dovuto limitare al minimo l’investimento in nuove attrezzature, anzi si raccomandava di impiegare il più possibile parti di altri modelli Volkswagen, in particolare quelle rimaste avanzate nei magazzini.
Il vano di carico posteriore, ricoperto da un tappeto in gomma.
Nel febbraio del 1967 la vettura, ancora sotto forma di prototipo, venne presentata ai concessionari Volkswagen australiani riuniti presso lo stabilimento di Clayton. Venne data loro la possibilità di fare un giro di prova attorno alla fabbrica. La presentazione al grande pubblico ebbe luogo il mese successivo, in occasione del Melbourne Motor Show. Infine venne organizzato un evento dedicato alla stampa nella penisola di Mornington, a sud di Melbourne, durante il quale i giornalisti ebbero la possibilità di valutare la vettura su diversi tipi di percorso. La stampa riservò una buona accoglienza alla nuova Volkswagen. Nel numero di aprile del 1967 la rivista “Modern Motors” scrisse che la nuova Volkswagen non aveva ancora un nome e che il prototipo mostrato alla stampa era un veicolo multiuso, con ruote da 16’ e in grado di galleggiare sull’acqua. Esteticamente sembrava un incrocio tra una “Jeep” e una “Mini Moke”. Aggiunse che il modello di serie sarebbe stato disponibile nelle concessionarie a partire da settembre.
In realtà la produzione ebbe inizio solamente nel dicembre del 1967, con il model year 1968. I numeri di telaio (quello del “Maggiolino”, di cui la vettura era considerata una variante) iniziavano da 118310XXX e quelli di motore da F125XXX. L’avvio della commercializzazione era previsto per aprile. Nel frattempo Harcourt ed Herzmer continuarono a lavorare per risolvere alcuni problemi che erano emersi durante i collaudi: infiltrazioni d’acqua dal parabrezza e dai cofani, scarsa tenuta della guarnizione della scatola dei fusibili, rumori dai pannelli della carrozzeria, cedimento delle sospensioni in seguito all’impiego gravoso sullo sterrato e tendenza del motore a surriscaldare sotto sforzo.
La vettura, alla quale nel frattempo era stato dato il nome di “Country Buggy”, giunse nelle concessionarie il 3 aprile 1968. Si pensava che gli obiettivi di vendita sarebbero stati raggiunti con facilità, anche perché Volkswagen nella cartella stampa aveva indicato l’esercito australiano come principale acquirente. Alcuni esemplari di “Country Buggy” furono consegnati ai vertici militari per una valutazione. Purtroppo la risposta non fu quella attesa. Nonostante le vetture si fossero dimostrate molto versatili e tutto sommato adatte al tipo di impiego, non avevano la trazione integrale, che venne considerata un requisito imprescindibile. L’esercito australiano rispose di non essere interessato alla “Country Buggy”. Alla fine del 1968 furono prodotte solo 842 vetture invece delle 1800 pianificate, con un contenuto locale dell’85% invece del 95% pianificato. Poche, per poterla considerare un successo.
Il manuale di istruzioni allegato alla vettura.
La copertina della brochure pubblicitaria del 1968.
In realtà il destino della “Country Buggy” era segnato in partenza. Nonostante la fama di robustezza, qualità ed affidabilità e nonostante la pubblicità derivante dalle imprese in Antartide e dai successi nelle competizioni, le vendite della Volkswagen in Australia non avevano mai raggiunto i livelli sperati. Volkswagen non era riuscita a replicare in Australia il successo di mercato raggiunto in Brasile e Messico. Nel 1960 il mercato delle piccole vetture era saldamente in mano alla casa di Wolfsburg con il 38%. Nel 1967 questa percentuale si era ridotta al 10,9%, mentre le case giapponesi, inizialmente assenti, erano salite al 30%. Dopo avere toccato le 27 mila unità nel 1964, le vendite erano scese a meno di 12 mila nel 1966. Il motivo era semplice: le vetture prodotte in Australia non beneficiarono di tutte le migliorie ed innovazioni introdotte dal 1962 al 1968 sui modelli tedeschi. I bassi volumi produttivi non giustificavano investimenti nell’aggiornamento degli impianti. Nel caso del “Maggiolino” si andò avanti a produrre un modello “1962 e ½”, che ben presto rimase indietro rispetto alla concorrenza, soprattutto a quella giapponese. Fu così che nel dicembre del 1967 le perdite finanziarie accumulate nei due anni precedenti portarono alla chiusura della fililale australiana. Le vendite, il servizio e la fornitura di ricambi passarono alla LNC Industries P.L., mentre per la gestione dell’impianto di Clayton venne creata una nuova società, chiamata Motor Producers Ltd, che a sua volta chiese ed ottenne dal governo il permesso di assemblare i modelli Volkswagen, ma con una percentuale inferiore di contenuto locale: 50% per il “Maggiolino”, zero per il Transporter “T2”, 45% per la “Tipo 3” e 45% per la “Country Buggy”. In pratica la Motor Producers era destinata a diventare una “fabbrica cacciavite”, dedicata al montaggio di vetture di marchi diversi. Infatti ben presto alle Volkswagen si affiancarono le Datsun. Il contenuto locale andò limitandosi ai componenti forniti da aziende esterne. I veicoli completi venivano poi venduti alla LNC Industries, che si occupava della vendita e dell’assistenza. Il reparto di stampaggio delle lamiere e la linea di montaggio dei motori furono chiusi nell’ottobre del 1968. Le presse e tutte le altre attrezzature non più necessarie furono cedute ad altri stabilimenti Volkswagen in Germania, Messico, Brasile, Sud Africa e Filippine o vendute ad aziende locali. Il reparto progettazione e sviluppo venne chiuso. I dipendenti furono ridotti da 1961 a 971. I dipendenti rimasti a Clayton si trovarono a lavorare in un clima di scarso entusiasmo. Ai concessionari Volkswagen australiani venne persino suggeritto di diversificare l’attività, acquisendo la licenza di vendita di altri marchi.
Tutto questo significò la fine della “Country Buggy”. Essendo un modello fabbricato solamente in Australia, una volta smantellato il reparto presse non ci sarebbe stato nessun altro stabilimento Volkswagen in grado di fornire i lamierati specifici. Con l’arrivo della “Pescaccia” non c’era nemmeno la possibilità che qualche filiale Volkswagen nel mondo fosse interessata a rilevare le attrezzature e continuare la produzione. In pratica tutte le vetture successive all’ottobre del 1968 sono state costruite utilizzando le scorte di lamierati stampati in precedenza e stoccati in magazzino. Se la motivazione ufficiale per l’uscita di scena del modello dopo meno di un anno fu lo scarso successo commerciale ed il disinteresse dei militari, in realtà la “Country Buggy” fu vittima della decisione di Volkswagen di ristrutturare pesantemente le attività australiane.
Queste traversie rendono complicato stabilire il numero di vetture effettivamente costruite. Nel 1968 furono prodotte 842 vetture, tutte con guida a destra. In realtà i primi esemplari di “Country Buggy” lasciarono le linee di montaggio nel dicembre 1967, ma furono conteggiati come prodotti nel 1968. L’anno successivo, il 1969, ne furono prodotte 570, così suddivise: 42 vetture complete con guida a destra, 168 kit CKD con guida a destra (Car Knocked Down, kit composto da una vettura completa smontata, destinato ad essere esportato ed assemblato sui mercati esteri) e 360 vetture complete con guida a sinistra. Nel 1969 ebbe termine la commercializzazione in Australia. L’ultima vettura destinata al mercato locale lasciò la catena di montaggio nel febbraio del 1969, quindici mesi dopo l’avvio della produzione. Le vetture successive furono tutte esportate. Nel 1970 furono prodotte 363 vetture, così suddivise: 3 vetture complete con guida a destra, 120 kit CKD con guida a destra e 240 vetture complete con guida a sinistra. Questo fu anche l’ultimo anno in cui vennero prodotte vetture complete. Dei 120 kit CKD con guida a destra, 48 erano previsti per la Malesia, ma non furono mai ordinati e rimasero in magazzino. Nel 1971 giunse dalle Filippine l’ordine per un kit CKD con guida a sinistra, ordine che venne evaso modificando un kit CKD tra i 47 giacenti nel magazzino. Infine nei mesi di marzo ed aprile del 1972, ultimo anno di fabbricazione, furono prodotti 181 kit CKD con guida a sinistra, che furono spediti insieme con i 47 rimasti a magazzino e convertiti nel frattempo alla guida a sinistra.
In totale, dal 1967 al 1972, risultano prodotte 1956 “Country Buggy”, di cui 1487 vetture complete e 469 kit CKD. Le vetture vendute in Australia furono circa 800. Oltre l’80% erano di colore beige (“Savannah Beige”). Gli unici altri colori disponibili erano il verde scuro (“Army Green”) ed il rosso (“Paprika Red”). Quasi tutte montavano il motore 1300. Solo 12 vennero prodotte con il motore 1200, disponibile a richiesta. Vetture complete furono esportate in Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, isole del Pacifico e in Sud Africa. Le vetture sotto forma di kit CKD furono inviate in Malesia e soprattutto nelle Filippine, dove la produzione continuò fino al 1974 e la vettura veniva venduta come “Sakbayan”, che nella lingua locale significa “auto del popolo”. Gli ultimi esemplari montavano il motore 1600 a doppia aspirazione e le sospensioni posteriori del “Maggiolino”, senza i riduttori. Alcuni esemplari finirono in uso alla polizia di Manila.
Caratteristiche tecniche.
Le “Country Buggy” sopravvissute fino ad oggi, oltre ad aver subito gli insulti del tempo, sono passate attraverso modifiche (spesso discutibili) e riparazioni approssimative. A quasi tutte è stato sostituito il motore. Trovarne una in condizioni originali è praticamente impossibile. La maggior parte sono state acquistate da agricoltori ed allevatori, per i quali l’originalità del mezzo non è certo un requisito fondamentale. Molte “Country Buggy” furono modificate da carrozzieri locali, alcune ancora prima di essere vendute. La modifica più comune era l’installazione di una cabina nella parte anteriore, con portiere in vetroresina o metallo, che trasformava la vettura in un piccolo pick-up. Molti esemplari non sono mai stati immatricolati, perché destinati ad essere usati all’interno delle proprietà. Ma proprio perché il non seguire le mode e il non buttare le cose che possono ancora servire fa parte della cultura contadina di qualsiasi paese, a distanza di quarant’anni le “Country Buggy” sopravvissute sono più di quelle che si potrebbe a prima vista pensare. Se non sono più in uso, se ne stanno ferme da anni nelle stalle e nei granai, aspettando che la ruggine faccia il suo lavoro, alcune presso la stessa famiglia che le acquistò nuove nel 1968-69.
Il principale esperto di “Country Buggy” è senza dubbio l’australiano Bill Moore, al quale vanno i miei ringraziamenti per avere fornito le immagini che accompagnano questo articolo ed avere pazientemente risposto alle mie tante domande su questa vettura, che personalmente ho avuto occasione di vedere solo una volta vicino a Melbourne in Australia. Bill ha creato un registro della “Country Buggy”. Al marzo del 2006 aveva contato 241 vetture ancora esistenti e in vario stato di conservazione (o di disintegrazione), che rappresentano circa il 27% delle “Country Buggy” vendute in Australia. Si tratta di una percentuale incredibile (una vettura su tre), se si considera che sono passati quasi quarant’anni. A suo parere, quelle ancora esistenti nel paese e non comprese nel suo elenco non devono essere più di 50. Nel 75% dei casi gli è stato possibile risalire al numero della scocca, che va da “KO001” a “KO861”. Tra le 241 vetture iscritte nel registro, quasi 50 (il 6% di quelle vendute!) sono ancora in uso quotidiano e circa 100 sono state accantonate in attesa di un restauro, reso molto difficoltoso dalla totale mancanza dei ricambi specifici per il modello, ma non del tutto impossibile perché la relativa semplicità dei lamierati li rende abbastanza facili da ricostruire a partire dalle immagini. Il limite è rappresentato dalla mancanza di documentazione tecnica, dal momento che idisegni originali della Volkswagen Australia non sono disponibili. Negli ultimi anni gli appassionati australiani hanno mostrato un certo interesse verso questo modello, le cui quotazioni sono in salita. Escludendo Malesia e Filippine, la “Country Buggy” continua a restare sconosciuta al di fuori dell’Australia. Bill nel suo registro ha contato solo 11 vetture finite nelle mani di appassionati e collezionisti stranieri.
Articolo pubblicato su MKC NEWS – di Luca ” Phormula” Stramare