Io ho lavorato negli stabilimenti Volkswagen di Wolfsburg tra il 1963-64
E’ stata una esperienza indimenticabile, nel 1963 avevo 18 anni, ed ho deciso di ricordare così quel periodo della mia vita.
Chiunque abbia lavorato sulle catene di montaggio della Volkswagen in quel periodo e voglia scambiare ricordi, foto o documenti che possano arricchire questo sito,oltre alla mia riconoscenza,darà un contributo alla conoscenza di questa città,della quale conservo un bellissimo ricordo.
grazie Alberto Gavioli
Ferrara 8 ottobre 1963
Dopo aver ottenuto il permesso di espatrio negli uffici competenti (prefettura, tribunale, ecc. ) ed in possesso del passaporto e della richiesta di lavoro da parte della Volkswagen, tramite l’ufficio di collocamento di Ferrara,siamo ( ero con un amico ) partiti dalla stazione con molte speranze,pochi soldi in tasca e molto entusiasmo.
Eravamo anche forniti di un sostanzioso cestino da viaggio che l’ufficio di collocamento ci aveva generosamente consegnato.
La prima tappa è stata il centro emigrazione di Verona ( vicino alla stazione ). Siamo rimasti circa tre giorni a disposizione di medici italiani e tedeschi che dopo aver valutato il nostro stato di salute hanno concesso l’autorizzazione per l’ingresso in Germania ed alla Volkswagen.
Il centro di emigrazione di Verona
Altro cestino da viaggio e finalmente in treno verso la Germania.
Siamo partiti dalla stazione di Verona alle dieci di sera e dopo un viaggio di circa 27-28 ore siamo arrivati alla stazione di Wolfsburg alle due di notte del giorno dopo.
Prima gradita sorpresa : c’erano alcuni taxi ( con Mercedes ) ad aspettarci per portarci subito negli alloggi del villaggio italiano Berliner Brücke. Rapido spuntino poi subito a letto. Era tardissimo !
Il mattino dopo,un interprete della Volkswagen ci ha accompagnati dentro gli stabilimenti per farci vedere il nostro posto di lavoro e assegnarci gli armadietti per indumenti ed effetti personali.
Ci hanno fatto delle foto per il tesserino d’ingresso alle portinerie (Werksausweis ), abbiamo visto dove erano i locali delle mense, le infermerie e quant’altro poteva servire
per le nostre esigenze future.
Siamo stati,poi, per una settimana affiancati da un collega “veterano”che ci ha insegnato ciò che sarebbe poi diventato il nostro lavoro . Eravamo a pieno titolo degli operai della
Volkswagen ! (in tedesco = bandarbeiter )
Nel primo opuscolo un elenco dei diritti e doveri per il lavoratore che si reca in Germania per lavoro.( Rapporto di lavoro,ferie,salario,alloggio,vitto,condizioni di lavoro,assicurazione,spese viaggio,ecc.).
Ci sono anche consigli pratici per l’adempimento di molte formalità di ordine pratico nella burocrazia tedesca.
Nel secondo opuscolo un pratico manuale per la traduzione in tedesco delle frasi più comuni ed utili nella vita di tutti i giorni.Contiene anche le basi della grammatica tedesca, le coniugazione dei verbi più comuni,un piccolo dizionario,numeri, ecc.
E’ cominciata così la mia avventura a Wolfsburg.Tutti gli operai italiani ( circa 4000 ) che lavoravano negli stabilimenti della Volkswagen negli anni ’60 abitavano in un villaggio ( Italienerdorf ) appositamente costruito di fronte all’ingresso principale . Questo villaggio
si chiamava Berliner Brücke
Edifici del villaggio italiano.
Altra foto del villaggio italiano.
Si entrava da una portineria controllata , per evitare intrusi, ed era organizzato al suo interno come un piccolo paese. C’erano locali per il tempo libero,bar,sale giochi,spacci per l’acquisto di generi alimentari ed un piccolo emporio dove si poteva trovare tutto ( o quasi ) per il bagno ed altre necessità. Le abitazioni erano dei prefabbricati in legno a due piani con riscaldamento,lavanderia,bagni e locali ove si poteva cucinare. Ogni dipendente pagava una quota simbolica per l’affitto della stanza. ( quota trattenuta nella busta-paga )Se ricordo bene circa 4.500 £ al mese. Le case erano circa 40 collegate da stradine che formavano una piccola rete tra il verde del villaggio. Ogni piano della casa
aveva un corridoio centrale con le stanze disposte a destra e a sinistra.
Il giovane Alberto Gavioli all’interno della casa
In ogni abitazione ( Haus ) c’era un responsabile ( Hauswart ) che si occupava della pulizia e manutenzione generale ( all’interno delle singole stanze la pulizia era affidata agli occupanti ) ,distribuiva la posta in arrivo, affiggeva le comunicazioni che arrivavano dalla fabbrica e gestiva tutta la burocrazia relativa ai rapporti tra dipendenti e Volkswagenwerke A.G.
Il lavoro era organizzato in due turni:
il primo dalle ore 5:30 alle 14:00
il secondo dalle ore 14:00 alle 22:30 Il sabato ( tranne alcune rarissime occasioni ) non si lavorava.
Gli stabilimenti Volkswagen negli anni ’60 erano quattro: Wolfsburg, Hannover, Braunschweig, Kassel.
I due modelli della produzione degli stabilimenti della Volkswagen di Wolfsburg negli anni ’60
A Wolfsburg venivano assemblati il Maggiolino e la berlina 1500-1600 ,mentre negli altri stabilimenti venivano prodotti i veicoli industriali (pulmino Volkswagen Transporter ) , motori ,parti di ricambio e accessori vari.Per accedere agli stabilimenti di produzione bisognava esibire alla portineria un tesserino di identità* (Werksausweis) fornito dall’azienda stessa all’atto della firma del contratto di lavoro.
Contratto di lavoro
Il tesserino aveva la foto del dipendente e recava scritto la residenza dello stesso.
( Il mio recava scritto Haus 40 Zimmer 3 cioè casa 40 e stanza 3 ).
Dalla mia abitazione al mio reparto di lavoro (catena di montaggio del Maggiolino VW ) occorrevano circa 20-25 minuti ( ovviamente a piedi ). Davanti alla portineria Est ( quella rivolta verso il villaggio italiano ) c’era un immenso parcheggio per le auto dei dipendenti.
In quest’area sarebbe stata poi costruita l’Autostadt,inaugurata nell’anno 2000.Guardando questo parcheggio dal ponte sul Mittellandkanal si vedeva una distesa di Maggiolini Volkswagen . Un mare di auto ! Varcata la portineria si entrava nell’area degli stabilimenti. C’era una strada centrale sempre con lunghe file di autotreni che portavano pezzi vari per l’assemblaggio delle auto e uno scalo merci interno con treni pronti a caricare le auto finite destinate al mercato mondiale. Non esistevano confini per la Volkswagen !
Arrivati nel reparto, si timbrava il cartellino nell’apposito orologio marcatempo,poi negli spogliatoi si indossavano gli abiti da lavoro ( tuta VW ) e ci si recava sul posto di lavoro almeno 5 minuti prima dell’inizio del proprio turno. Una sirena annunciava l’inizio del turno.
Le catene di montaggio ( erano 6 ) cominciavano a muoversi con il loro carico di automobili e soltanto un disastro avrebbe potuto fermarle prima della fine del turno del pomeriggio. ( eccezione : gli intervalli )
Un turno di lavoro doveva completare 384 auto per ogni linea di montaggio.
Ogni giorno negli stabilimenti di Wolfsburg venivano prodotte circa 5000 auto. ( per
l’esattezza 4608 ).
Il mio lavoro consisteva nel montaggio della maniglia del cofano posteriore sopra il vano motore. L’operazione,compiuta a mano o con avvitatore ad aria compressa,richiedeva non più di 20 secondi. Alla stessa automobile lavoravano contemporaneamente più persone ,ma sempre senza
intralciarsi.
catena di montaggio della carrozzeria
C’erano lavoratori di varie nazionalità alla Volkswagen in quegli anni , le comunità più numerose erano italiane,turche e greche. Nonostante le evidenti barriere linguistiche , era facile fraternizzare con altri lavoratori , eravamo tutti desiderosi di comunicare le nostre impressioni ed i nostri problemi. I dipendenti tedeschi ci trattarono all’inizio con un certo distacco , ma dopo un pò cominciarono a famigliarizzare con noi e potei così imparare parecchie cose sul loro modo di vivere e sulla loro lingua.
Le ragazze tedesche erano , invece ,” disponibili ” ad aiutarci in quelle mansioni che io ho sempre ritenutoprettamente femminili. ( rammendare calzini,attaccare bottoni, stirare qualche camicia , ecc. )
Sul lavoro, gli scherzi erano frequenti e tollerati da tutti ,le battute e le allusioni alle molte ragazze che lavoravano insieme a noi erano inevitabili.(disegni espliciti fatti all’interno delle portiere delle auto ! ).
Durante l’intervallo , circa 15 minuti , si poteva interrompere il lavoro . Nelle apposite sale si poteva fumare, prendere un caffè negli appositi distributori, mangiare qualcosa o soltanto riposare. La temperatura all’interno degli stabilimenti era piacevolmente calda anche in pieno inverno. Si poteva lavorare anche con la sola camicia; l’ambiente era
meticolosamente pulito e funzionale. Un’infermeria sempre aperta con medico e infermiera assicurava un pronto soccorso per ogni evenienza. In caso di malore improvviso o infortunio il capolinea organizzava la sostituzione immediata per garantire la continuità del lavoro sulla catena di montaggio. Finito il montaggio dell’ultima auto ( contrassegnata con il numero 384 ) si poteva lasciare il posto di lavoro e dopo essersi cambiati negli spogliatoi si ritornava a casa. Presso i cancelli d’uscita e nelle portinerie venivano fatti controlli casuali ai dipendenti che lasciavano gli stabilimenti di produzione per tornare a casa. ( per evitare furti di materiali e pezzi di ricambio ).
Con una cifra molto contenuta si poteva pranzare presso la mensa interna agli stabilimenti ( Self-service ). Il servizio era buono e la cucina era quella tipica tedesca : patate,wurstel,pollo,cotolette ( schnitzel ),crauti , bevande ( niente birra o altre bevande alcoliche ) , dolci vari e caffè.Le buste-paga venivano distribuite il giorno 8 di ogni mese
direttamente sul posto di lavoro. Era una busta trasparente sigillata con dentro il contante disposto in modo da poter controllare l’importo senza aprirla.Una volta aperta la busta non era più possibile contestare l’eventuale mancanza di danaro.( cosa peraltro improbabile data la meticolosità prettamente teutonica. )
foto di una busta paga
a richiesta ,il giorno 18 ,si poteva avere un acconto del mese lavorativo in corso.Tale acconto ,naturalmente, veniva detratto dalla busta paga successiva.Il mio stipendio medio mensile ( eravamo negli anni 1963-64 ) era di* 700 DM . All’incirca 110.000 £.Il dipendente aveva inoltre diritto ad un forte sconto se decideva di acquistare un’auto Volkswagen, ma non poteva rivenderla prima che fosse trascorso un anno dalla data della sua immatricolazione.Alcuni lavoratori italiani,evidentemente in Germania da parecchi anni ,mostravano con orgoglio la loro auto nuova. ( esatto, si trattava proprio di un Maggiolino Volkswagen ! ).Era sempre parcheggiata davanti alla loro casa,lucida e bellissima ! Potevano permettersi di andare in città a fare la spesa in auto e alla domenica lasciavano il villaggio per qualche gita nei dintorni di Wolfsburg o in qualche città vicina. Suscitavano l’invidia di chi come noi doveva sempre andare a piedi . Anche allora l’auto era uno status simbol. Speravo anch’io di arrivare a tanto. Nel 1964, se
ricordo bene,un Maggiolino VW costava circa 600.000 £. Un marco tedesco valeva allora circa 150 £.
Finito il lavoro, si utilizzavano le ore libere per ordinare un pò la stanza ,fare un pò di pulizia personale,fare la spesa, leggere,scrivere a casa, ascoltare musica , cucinare ,ecc.
Finito il proprio turno di lavoro,non c’era nessuna limitazione alla propria libertà individuale,si poteva uscire e rientrare nella propria abitazione a qualsiasi ora del giorno o della notte.Ogni dipendente aveva la chiave della propria stanza. Sulla chiave era stampato il numero della casaed il numero della stanza. Poteva servire per entrare nel villaggio al posto del tesserino se per caso qualcuno l’aveva smarrito o dimenticato a casa.
La portineria a Berliner Brücke era sempre aperta,bastava esibire il tesserino* o la chiave della stanza.Unico dovere era rispettare il riposo di chi il mattino dopo doveva alzarsi alle 4.Siccome tra i famigliari dei dipendenti italiani ( specialmente meridionali ) c’era un alto grado di analfabetismo,l’azienda aveva fatto stampare delle etichette autoadesive che i famigliari stessi potevano utilizzare per scrivere l’indirizzo nella corrispondenza con il lavoratore in Germania. ( Sarebbe stato molto difficile non commettere errori nello scrivere nomi di strade o città in tedesco quando si avevano problemi già con la lingua italiana ).
Etichetta per indirizzo.
In ogni stanza alloggiavano tre dipendenti; c’erano i letti (due a castello e uno singolo ) ,tavolo con sedie e armadi personali per riporre vestiario , scarpe e cose varie.
I dipendenti della stessa stanza avevano lo stesso turno di lavoro.Nella mia stanza ( la numero 3 ) oltre ad un mio carissimo amico ( Guerrini Mauro,per gli amici Guido )abitava una persona davvero speciale ( Palerma Alfredo di Migliaro, provincia di Ferrara )Dico
speciale perchè avendo allora circa 50 anni,con noi si comportava come un padre;
ci dava consigli e suggerimenti preziosi nelle varie circostanze.
La sua esperienza è stata per noi molto utile. E’ proprio per la differenza di età,doveva sopportare i nostri frequenti scherzi. A volte nascondevamo le lettere di sua moglie, oppure legavamo alcune pentole alla maniglia della porta così quando rientrava a casa dopo una birra in città creava un putiferio indescrivibile.Peccati di gioventù che hanno ora un significato particolare. Buona fortuna Alfredo,ovunque tu sia !
Le case avevano un ottimo riscaldamento centralizzato che permetteva di sopportare il
freddo intenso dell’inverno tedesco ( anche -20° C ).
Il sabato e la domenica si andava in città ( la distanza era circa 1 Km. ) a piedi oppure con un autobus che aveva una fermata proprio all’interno del villaggio.
Biglietti ingresso cinema del 1964.
Una volta in città,c’era chi andava al cinema, ( Imperial, Delphin-Palast, Bambi e altri ), chi a ballare , chi semplicemente passeggiava per le vie cittadine oppure chi faceva varie
tappe nelle birrerie locali.
Sottobicchieri da birra originali del 1964
Molte volte si usciva soltanto per farsi una bella mangiata a base di pollo arrosto, patate e birra.Come non ricordare la prima volta che sono andato a fare la spesa in città nei grandi magazzini Hertie ? Ricordo ancora che davanti ad uno degli ingressi di questo
centro commerciale ,( esattamente nel Bahnhof passage ) c’era una fontana con
un grande pavone di pietra ricoperto di piastrelle colorate. Non avevo mai visto un supermercato prima di allora. Tutte quelle meraviglie ben disposte sugli scaffali sembravano non finire più ! Per uno come me ,nato in un piccolo paese di campagna,la città di Wolfsburg fece subito un grande effetto. La maggior parte dei lavoratori italiani era di origine meridionale,lavoravano sodo,cercavano sempre di fare ore straordinarie per poter mandare soldi a casa. Era una situazione molto triste. Uscivano poco. La nostalgia per l’Italia e la propria casa era molto forte,lo si capiva alla sera quando ci si trovava nella stanza di qualcuno per giocare a carte,bere birra o anche solo per parlare.
Natale
C’era sempre chi tirava fuori le foto dei figli o della moglie e raccontava particolari della propria vita.Nei giorni precedenti le festività del Natale del 1963,avevamo addobbato un piccolo albero nel corridoio della nostra casa. La sera vedendo quelle luci intermittenti e ascoltanto i canti di Natale da un giradischi che un dipendente aveva portato da casa,non si poteva non sentire una profonda nostalgia per tutto quello che ognuno aveva lasciato. Occhi lucidi e poca voglia di parlare. In quegli anni la disoccupazione in Italia era molto alta, cercavamo tutti di risparmiare qualcosa,ma per quei lavoratori del sud ( magari con moglie e figli a casa ) quel periodo di lavoro in Germania deve essere stato particolarmente duro. Era possibile rientrare in Italia solo per le festività di Natale o di Pasqua con treni speciali organizzati dalla Volkswagen stessa in concomitanza con la chiusura degli stabiliment di produzione.I dipendenti che volevano trascorrere le festività
in Italia avevano diritto ad un notevole sconto sul prezzo del biglietto ferroviario.
Anch’io,durante la fermata di Natale del 1963, sono rientrato in Italia con un treno speciale per trascorrere le festività a casa. Tutta la Germania che abbiamo attraversato era coperta dalla neve. Molto bella ! Quando abbiamo varcato il confine al Brennero ci sembrava già di essere a casa, dovevano passare invece ancora parecchie ore prima di arrivare a Ferrara. Per alcuni giorni,parenti e amici,ci hanno sommerso di domande: tutti volevano sapere della nostra esperienza in Germania.E’ stato il nostro momento di gloria
! Avevo portato alcuni regali : per mio padre un accendino Ronson, per mia madre alcune camicie di nylon ( introvabili in Italia ) e qualcosa per mio fratello e per mia sorella che ora non ricordo.
Siamo rientrati a Wolfsburg subito dopo la festa della Befana. Ci aspettavano ancora parecchi mesi di lavoro.